Ricominciare (ancora): scuole, centro di formazione e disabilità

Ricominciare (di nuovo): la scuola ai tempi della disabilità

Ottobre, per noi non è solo un mese: è un nuovo inizio, carico di speranze e delle solite, inevitabili, montagne russe. Le scuole, per la monella (la piccola) e per il raggio (il grande), sono ripartite da un pezzo, ma quest’anno è diverso.

La nuova avventura della monella

Per la piccola, dopo un anno difficile, c’è stato un cambio di scuola, una primaria nuova di zecca. E, sorpresa, la stiamo vivendo bene! La monella è contenta di svegliarsi e andare: va in bagno, mangia e si fa vestire al volo. Un’enorme differenza rispetto all’anno scorso, quando il rifiuto di andare a fare pipì pur di non essere accompagnata in classe era il segno di un disagio profondo.

Ora ha due nuove insegnanti di sostegno e un’educatrice (che all’inizio mi avevano presentato come “educatrice di plesso,” una figura di cui non sono ancora sicura esista davvero).

La prima gita e il campanello d’allarme

Già alla fine del mese, il primo ostacolo: la gita. Quattro laboratori per il Festival della Scienza in punti diversi della città, con spostamenti a piedi, in autobus o in metro. Inutile dire che non era stata pensata per una bambina con autismo severo. Le insegnanti ci hanno subito detto che avrebbe potuto partecipare solo una di loro (l’educatrice… boh) e che avrebbero preferito l’accompagnamento di uno o entrambi noi genitori. Il messaggio era chiaro: “Non ci proviamo neanche.” Abbiamo scelto di non mandarla. Ho tantissime perplessità che per ora tengo per me, ma per ora, almeno in apparenza, le maestre tengono le mani a posto. Come “riparazione” ci è stata proposta una gita in un piccolo parco attrezzato vicino a scuola. Vediamo se si concretizzerà.

L’ultimo anno del raggio

Il grande, il raggio, è finalmente all’ultimo anno delle superiori. Un traguardo importantissimo, anche se non otterrà il diploma, ma solo un attestato di frequenza, avendo seguito un programma differenziato. La cosa che ci rende più felici è che siamo riusciti a far confermare la sua professoressa di sostegno: in questo modo, due professori su tre, più l’educatrice, sono rimasti gli stessi. Avere continuità è una vittoria, e una piccola isola felice.

Il centro di formazione: un libro a parte

E poi c’è il centro di formazione. Doveva iniziare la prima settimana di ottobre, poi la seconda, e ora sembra che slitti a fine mese. Su questo posto, potrei scrivere un libro, e forse dovrei.

Dal ragazzo che alzava le mani a professori e compagni (e che, grazie al cielo, è stato allontanato), al secondo anno in cui il raggio è stato prima inserito in un tirocinio già al completo, poi quasi costretto a uno pomeridiano (sotto minaccia di espulsione dal corso), e infine in un tirocinio di segreteria dove non gli veniva dato nulla da fare. Per fortuna, lungi dal perdersi d’animo, ha impiegato quelle ore guardando filmati o veri e propri film sullo smartphone. Ci sarebbero moltissime altre cose che mi disgustano di quel posto, ma per ora è meglio che stia zitta.

La Doppia Casistica

Qualcuno, leggendo, penserà: “Ma capitano tutte a voi?”

In un certo senso, sì. Avendo non uno, ma ben due ragazzi con disabilità psichica, la nostra casistica è purtroppo molto più vasta rispetto a una famiglia con una sola persona invalida.

C’è poi l’idea, diffusa e frustrante, che se una persona è “lenta nel ragionamento” o poco o per nulla verbale, allora “non capisce nulla.”

Sbagliato.

I nostri ragazzi capiscono tutto: cosa succede intorno a loro e anche la disposizione d’animo nei loro confronti. Non hanno bisogno di pietà o di essere ignorati, ma di rispetto, onestà e di una scuola che si sforzi, almeno un po’, di includere davvero.

Parlando di autismo nel parcheggio di un supermercato

Ieri ho parlato per una buona mezz’ora con un nuovo commesso del supermercato vicino al centro di terapia. La cosa incredibile è che non lo conoscevo affatto, ma in pochi minuti è nata una connessione profonda.

Cosa è successo? Ha semplicemente visto la bambina prendere il carrello (come fa sempre), metterci dentro caramelle e snack vari, tentare delle piccole fughe tra le corsie e, alla fine, scappare nel parcheggio (per fortuna non sulla strada) con me che le correvo dietro. In quel momento, ha capito tutto e ha chiesto a mio marito se la piccola fosse autistica.

La sorpresa più grande è stata scoprire che il commesso ha un figlio di 17 anni, anche lui autistico, con sintomi molto simili a quelli della monella. Non si può spiegare il sollievo di parlare con una persona che ha vissuto un percorso simile al tuo e che ti capisce al 100%!

L’autismo severo non è una passeggiata

Nonostante il centro di terapia continui a definire l’autismo di mia figlia come “moderato” (livello 2), la realtà è ben diversa. Chi ne è affetto scappa, raramente desidera essere tenuto per mano, si mette in pericolo senza rendersene conto, ha difficoltà a parlare e a spiegare se sente dolore o malessere. A questo si aggiungono difficoltà a comprendere gli stimoli, problemi con l’uso della toilette, intolleranza a certi tessuti (guai se ci sono etichette o cuciture), una selettività alimentare più o meno accentuata e tantissime routine difficilissime da cambiare o eliminare. La monella, ad esempio, non sopporta che qualcuno accenda la radio in macchina o chieda ad Alexa di mettere una canzone. Per questo siamo tutti “auricolari forever”.

Qualcuno potrebbe pensare: “Viste le immense difficoltà, le famiglie come la vostra verranno supportate e aiutate in ogni modo possibile”.

Sbagliato.

L’INPS, dopo che ti sei fatto un mazzo quadro per capire come funziona l’invalidità e la Legge 104, ti costringe a revisioni costanti ogni 2 o 3 anni (come se le malformazioni cerebrali di mia figlia potessero miracolosamente sparire) e spesso toglie l’accompagnamento, costringendoti a ricorsi continui.

La Regione concede diversi aiuti, ma l’ente non li pubblicizza. Li scopri per caso, tramite qualche associazione o su internet. Li richiedi e, purtroppo, a volte non vengono concessi.

“Ma a scuola almeno socializza?”

Sbagliato.

In molti casi, i bambini con autismo grave passano il tempo nell’aula morbida, in palestra o in altre aule dedicate, portati in giro come “mucche al pascolo”. Sono considerati troppo gravi per le classi di bambini “neurotipici” ma troppo impegnativi per i centri per disabili gravi (come è successo a noi a maggio 2025). E se un insegnante, che non è specializzato, cerca di contenere un attacco di rabbia e finisce per usare la forza? Finisce tutto “a tarallucci e vino”. I bambini con disabilità psichica grave sono, evidentemente, alunni di serie B. Anche questo, purtroppo, ci è appena capitato.

Se cerchi un centro estivo, non appena pronunci le parole “autismo” e “scappare”, magicamente non hanno educatori disponibili ogni volta che li richiami. L’unico che si dichiara disponibile accetta solo bambini già certificati e adulti, solo invalidi, che frequentano il centro diurno. Non trovi posto neanche in quell’associazione “molto brava e che accetta anche bambini con disabilità“, consigliata dalla neuropsichiatra. Semplicemente ti dicono che non accettano disabili, sempre per telefono e mai per iscritto, per evitare denunce per discriminazione.

Vuoi un educatore a domicilio? Devi pagarlo, sempre che tu ne trovi uno disponibile.

“Ma ormai la gente sa cos’è l’autismo?”

No.

Insegnanti, terapisti, vicini di casa o chiunque veda tua figlia o tuo figlio pensa (e spesso te lo dice tranquillamente in faccia) che sia un maleducato o una maleducata. Ovviamente, mia figlia “sclera” non per la stanchezza o un sovraccarico sensoriale, ma solo perché io e suo papà siamo due incapaci. È come se il mondo vedesse le famiglie come la nostra come un insieme di persone, tutte “minus habens”.

Per questa ragione, che sia benedetto chi è come noi e ci capisce al volo. Sentirsi compresi, anche solo per pochi minuti, è fantastico e ti ripaga dello stress, della gastrite, delle difficoltà e della rabbia perenne.

18 anni

E ora, inizia la parte più impegnativa!

La Scuola: Un Ultimo Anno Complicato

Quest’anno il raggio affronterà l’ultimo anno delle superiori. Non otterrà un diploma, dato che segue un programma differenziato, ma solo un attestato di frequenza. Questi quattro anni di scuola sono stati piuttosto difficili. La sua classe, purtroppo, non è stata per nulla inclusiva, e molti compagni si sono dimostrati problematici – quelli che una volta chiamavamo “delinquenti”. I professori spesso hanno chiuso un occhio per evitare problemi anche con i genitori di questi ragazzi.

Il Lavoro: Un Percorso Ancora Incerto

Negli ultimi anni, il raggio ha frequentato un centro di formazione professionale per l’avviamento al lavoro. Purtroppo, questa esperienza non si è rivelata molto utile. Abbiamo riscontrato che i docenti spesso approfittano della vulnerabilità dei ragazzi, sono egocentrici e talvolta arroganti. Le loro “lezioni” si riducono a vaghi consigli sul futuro (“Dovrai usare i mezzi pubblici, dare del lei al capo…”) e a vere e proprie minacce (“Se non accetti questo tirocinio, salti la formazione e ti resta solo il centro diurno”). Sono stanca di avere a che fare con persone incapaci persino di usare Google Meet, ma che si arrogano il diritto di decidere il destino dei nostri figli. Forse, in fin dei conti, il raggio non ha poi così bisogno di lavorare a tutti i costi!

Il Collocamento e il “Dopo di Noi”

Per quanto riguarda il collocamento lavorativo, non ho ancora organizzato nulla né richiesto incontri. Abbiamo ancora un anno di scuola e due di formazione davanti, quindi mi concedo un po’ di tempo.

Anche per il progetto del “dopo di noi” è ancora troppo presto per una pianificazione concreta. Per ora, non sarò la sua amministratrice di sostegno (ADS). L’ho fatto con mia madre perché, negli anni, alcuni medici si sono approfittati della sua ipocondria e della sua confusione, sottraendole denaro. Senza contare chi l’aveva quasi convinta a vendere la sua casa di proprietà per andare in affitto, a 83 anni!

Le Autonomie e le Pratiche Amministrative

Le autonomie del raggio sono ancora poche. Dobbiamo aiutarlo a superare la sua paura di sbagliare e la sua grande pigrizia, ma non ci arrendiamo. Ad esempio, due anni fa, dopo innumerevoli tentativi e anni di acquisti di scarpe solo con strappi e velcro, ha finalmente imparato ad allacciarsi le scarpe!

Per quanto riguarda l’INPS, avendo entrambi i verbali senza revisione né scadenza, ho già presentato online il modulo AP70 tramite il suo MyINPS. Aspettiamo di vedere la risposta.