Ora no, l’anno prossimo forse (comunque probabilmente no)

Qualche giorno fa Facebook mi propone un post sponsorizzato di una tenuta con prati, ma soprattutto cavalli, che organizza un’ultima settimana di campo estivo a fine agosto. Telefono subito al numero sull’annuncio per chiedere se posso iscrivere la monella, prima che i posti siano esauriti.

Quella che credo sia la proprietaria mi snocciola tutte le attività previste nel programma (orto e laboratori, volteggio, piscina). La fermo subito e specifico che la bimba è autistica. La persona dall’altra parte della cornetta sembra titubare un po’, poi mi dice che stando così le cose dovrà seguirla in rapporto uno a uno. Che lei ha i titoli per farla montare a cavallo, nonostante la sua disabilità e bla bla bla. Sono 150 euro, dalle 8-9 del mattino sino alle 16-17 del pomeriggio, il posto è a 30 chilometri da casa nostra, ma per far provare alla piccola una full immersion nella natura siamo disponibili col papy a metterci tutte le mattine la sveglia alle 5 per essere su alle 9.

Dopo un’oretta mi rendo conto che a causa dell’euforia del momento non ho capito i dettagli per i pasti. Scrivo su Whatsapp al numero che avevo chiamato.

Sognavo già ad occhi aperti la cucciola che guardava estasiata i cavalli e giocava con gli altri ragazzini nell’orto, ma a questo punto la persona fa una spettacolare retromarcia rispetto a quanto mi aveva appena detto e mi scrive, nero su bianco e via messaggio, che avendo una disabilità mia figlia non può essere iscritta al campo. Io rimango allibita e delusa e provo a chiedere spiegazioni. L’interlocutrice si limita ad offrirci ospitalità per la festa della zucca in autunno, dicendo che si scusa, ma che al campo ora (vorrei comunque ricordarmi di ricontattarli l’anno prossimo per vedere se è vero che si attrezzeranno) possono gestire solo bambini neurotipici. Mi consiglia infine due altre strutture: una a 25 km e l’altra a ben 112 km! Piuttosto che tentare o far fare almeno una prova a mia figlia autistica, mi dà i nomi di due strutture sue concorrenti! E sempre tutto per iscritto!

Sono circa 3 anni, precisamente dal lockdown, che non riesco a trovare un centro estivo con gli educatori comunali ne per il raggio, ne per la monella. In questi anni avrò fatto decine di tentativi: scuole di danza, piscine, centri privati, onlus, fondazioni, scout cattolici…

L’anno scorso mi sono fidata, per la piccola, di un centro divertimenti privato vicino a casa. La proprietaria ha un figlio autistico (quindi si presume che capisca perfettamente le nostre problematiche e che, magari, ci venga incontro il più possibile). Il centro non è enorme, ma ha una bella palestra con specchi ed altoparlanti sparsi nei vari angoli. I bimbi ballano e sono contenti. Lascio lì la cucciola una mattina, più tardi rispetto al normale orario di entrata. Dopo poco più di un’ora la proprietaria mi chiama dicendo di correre a prendere la bimba. Mi precipito subito lì col papy pensando che la monella si fosse magari fatta male ed invece ci ritroviamo la proprietaria che, incazzata, dice che la bambina non può stare in palestra con gli altri bambini. Che se voglio farla frequentare, oltre al pagamento mensile devo versare 12 euro all’ora ad una sua collaboratrice che starà con la monella e la aiuterà. Facciamo quindi un ultimo tentativo, accorgendoci subito che questa “educatrice” si chiude in una stanzetta con la piccola, strappandola quindi alle attività con i suoi coetanei. E la stanzetta è caldissima, essendo in piena estate e non avendo la possibilità di spalancare le porte come per esempio la palestra. Quindi, infine, la bambina potrà andare in settimana a giocare, ma solo per due ore, solo chiusa in stanza e non potendo partecipare alle gite brevi e lunghe perchè “l’educatrice” in settimana le serve come secondo adulto per le uscite coi piccoli. Ultimo tentativo concluso e mai più replicato, raccontando a tutti quelli che conosco la “professionalità” e “l’umanità” della persona che ad oggi continua a gestire tutto questo. Sentendomi poi anche dire che l’avrebbe presa più avanti se fosse riuscita ad ottenere la convenzione col comune come centro diurno… Certo, la mettiamo davanti ad un tavolo a giocare col pongo o a ritagliare le figure colorate dalle riviste! E comunque, grazie al cielo, il centro non è mai diventato centro diurno: era solo l’ennesima cavolata…

Fortunatamente quest’anno sono riuscita ad iscrivere la monella al servizio estivo dell’asilo! Era però purtroppo l’ultimo anno… Lì è stata presa per forza perchè con la 104 non possono rifiutarsi. L’anno scorso invece nessuno mi aveva ricordato la scadenza dei termini e quando finalmente mi è venuto in mente era già tutto chiuso da 10 giorni. Ho supplicato la segreteria, ma a loro dire, nessuno ha rinunciato.

Se non fossimo così super incasinati ci sarebbe effettivamente una soluzione. Ci sono cooperative, società sportive e onlus che accettano i pargoli d’estate, ma solo se in inverno hanno frequentato le loro strutture e laboratori. Ok. Non è difficile dai! Quest’anno devo solo star dietro al raggio al terzo anno di superiori, alla monella che inizia la primaria ed al team che segue l’evolversi della situazione di mia mamma. Più le terapie giornaliere. I ragazzi entrambi con gravità al 100% e mia mamma con disabilità gravissima. Cosa volete che sia? Una passeggiata! Peccato che non esistano famiglie con un solo componente con disabilità, ma anche più di uno. Chi lasciamo indietro per riuscire a frequentare una cooperativa per avere il posto assicurato anche d’estate? Saltiamo le terapie? La scuola? Che poi non mi si venga a parlare di inclusione perchè divento una bestia!

La disabilità non importa

O meglio, conta solo per ciò che riguarda i diritti dei nostri figli.

Non è necessariamente una condanna, ma sono gli altri a fartela pesare.

Le ore di terapia (se si ha la fortuna di trovare subito posto in convenzione), quelle di sostegno, gli insegnanti preparati e quelli meno, il centro estivo (“non accettiamo ragazzi con problemi, solo quelli normali”), lo sport (“se ha problemi meglio che gli/le trovi un centro attrezzato per casi come il suo”), lo smart working che è una chimera…

Alla fine non sono (più) dilaniata dal peso delle diagnosi – sempre che riusciremo mai ad averne almeno una su due prima dei prossimi 10 anni – ma da tutti questi piccoli, grandi problemi che sommati diventano una montagna.

Allora cosa fai? Scleri? Sei pazza

Cerchi di dare una mano ai tuoi figli come puoi? Sei un genitore elicottero

Combatti contro tutti su tutta la linea? Sei una r*mpic*gl**n*

Anche a noi genitori H, per usare il termine con cui ci descriveva l’assistente sociale del nucleo adozioni 10 anni fa, piacerebbe una vita tranquilla, serena, inclusiva. Questo modo di nominarci tra l’altro dimostra il fatto che la ASL all’epoca avesse già tracciato una bella croce sulle nostre speranze.

Ma la cosa più senza senso, che ho scoperto in questi giorni, è che se adotti un/a bambino/a non italiano e chiedi di fargli fare un anno ponte alla scuola materna non c’è problema, se invece hai una bambina autistica grave, ma non adottata, sono tutti cavoli tuoi. Te la fanno proseguire che tu voglia o meno.

Così come anni fa mi era già successo col raggio. Tu sai che stai andando incontro al disastro, con la bimba che nella migliore delle ipotesi, vivrà in aula di sostegno (che alle elementari del raggio chiamavano aula morbida, neanche fosse un posto carino e divertente) e sei costretta ad ingoiare la rabbia e il senso di già visto, ed a fare finta che non sia successo niente.

Se poi a questo ci sommiamo l’auto che dopo 12 anni ci ha fatto ciao ciao (ed il delirio per acquistarne un’altra con iva al 4%), una delle nostre cagnoline che si è rotta un legamento del ginocchio (operata, un mese e mezzo di convalescenza, per non parlare del fattore economico) e abbiamo dovuto lasciar volare la più vecchia sul ponte dell’arcobaleno, perchè ho la fama di avere un pessimo carattere.

La disabilità non importa, purtroppo però ti viene fatta pesare ad ogni respiro

Centri estivi inclusivi e dove NON trovarli

Quest’anno (dopo che nel 2020 avevo fatto rinunciare il raggio per timore del contagio in piena pandemia) ho tentato di iscriverlo nuovamente ad un centro estivo.

Per prima cosa ho contattato quello dove è sempre andato, anche se a dire la verità non mi ha mai particolarmente entusiasmata. Detto e fatto. Tre email in due mesi e nessuna risposta. Mando allora un reclamo alla loro sede nazionale e, magia, mi telefonano due ore dopo. In due giorni mi inviano i moduli per l’iscrizione e per richiedere l’educatore comunale che compilo e rispedisco in una mattinata. Ovviamente non vengo più ricontattata, per l’ennesima volta. Scrivo di nuovo e mi chiama una tizia dalla voce annoiata e quasi offesa che mi dice che no, i miei moduli via mail non sono mai arrivati e che comunque quest’anno non esiste più il punto di raccolta nel quartiere dove abitiamo. Ma farmelo presente due mesi prima no? Vabbè…

Continuo quindi a cercare un centro che accetti il ragazzone. Provo anche con quelli organizzati per ragazzi neurotipici. Molti non mi rispondono proprio, immagino perchè nell’email di contatto scrivo subito che il ragazzo ha 14 anni ed una disabilità psichica.

Tutti gli altri o abbassano improvvisamente l’età massima dei ragazzi (sul sito e sulla pagina Facebook c’è scritto sino a 17 anni che diventano improvvisamente 12) o (i più onesti) mi confessano che non hanno educatore comunale e non se la sentono di gestire una situazione di non neurotipicità.

Mi suggeriscono un’associazione che riesco a contattare telefonicamente. Sono quello che di più simile riesco a trovare all’associazione che sfruttavo per il raggio negli anni precedenti. Purtroppo il loro centro di raccolta è parecchio distante da casa nostra. E con le terapie del ragazzone e della monella in quasi tutti i giorni della settimana è un po’ un casino… Chiedo allora tramite messaggio se hanno la possibilità di fornirmi un educatore domiciliare. Mai più sentiti.

La maestra d’asilo della monella è anche istruttrice di nuoto per ragazzi con disabilità. E’ quasi certa che in piscina ci sia un corso dedicato. Le fornisco i verbali della 104 del raggio, ma poi esce fuori che è dedicato solo ai ragazzi dai 16 anni in su.

Ricapitolando è troppo “vecchio” e troppo disabile per i centri classici e troppo “giovane” per quelli dedicati.

Al limite della disperazione contatto la neuropsichiatra ASL per un consiglio. Finalmente, tra tutti quelli che gentilmente mi fornisce, mi dà anche il contatto di un’associazione in centro città non lontanissima da casa. La contatto scrivendo un’email e quando penso che sarà l’ennesimo buco nell’acqua mi telefona un signora molto gentile. Mi spiega che fanno centro estivo ma, ahimè, solo per chi era già iscritto dall’inverno precedente. Mi promette invece che dopo l’estate mi ricontatterà per un appuntamento con la presidente per parlare dei gruppi che hanno in associazione per sviluppare le abilità sociali e (finalmente!) dell’educatore domiciliare che loro hanno e sembra possano fornire. Vediamo se a settembre manterranno la parola data.

Quest’anno è stato impossibile trovare un centro estivo per il raggio. Tra il covid, la sua disabilità ed il fatto che ormai abbia 14 anni è un casino. Non mi arrendo, ho bisogno di farlo interagire con i suoi coetanei.

Anche a scuola, verso la fine dell’anno scolastico, i tre professori di sostegno ai quali è stato assegnato hanno provato a svolgere dei piccoli progetti per inserirlo maggiormente tra i suoi compagni. Per certi versi è stato un buco nell’acqua (ogni volta che chiedeva ai ragazzi più “fighi” della classe di uscire si beccava dei no o delle bugie, come quando li ha beccati su Instagram al Mc Donald del quartiere dopo che dovevano essere dal vecchio zio o dalla vecchia nonna), ma non del tutto. Tra la fine della scuola e l’esame il raggio è uscito da solo con un suo compagno che è anche un nostro vicino di casa. In tutto questo, l’ho scoperto solo pochi giorni fa, ha ricevuto l’aiuto anche da un suo terapista a cui aveva chiesto consiglio su cosa dire e come dirlo al suo amico. Stessi consigli che gli abbiamo suggerito io ed il papy ma se lo dice il terapista Davide allora è vero! 😉