Grazie di nulla

Qualche giorno fa ho avuto un incontro online con la responsabile (non dirigente, attenzione) dell’asilo della monella. Una conversazione di 20 minuti scarsi con un cellulare che inquadrava due mezzi volti ed il muro: il secondo viso era quello dalla funzionaria comunale, non sia mai che la responsabile riesca a controbattere a tutte le mie osservazioni senza una guardia del corpo (perchè, è noto, io mordo). Il colloquio si può riassumere in poche righe: se tua figlia ha “solo” disabilità – anche grave come nel nostro caso – sono fatti tuoi. Sappiamo perfettamente che la piccola non è pronta alla primaria, ma non è un problema nostro, quindi arrangiati. Grazie mille, lo farò sicuramente, come sempre d’altronde. Mi è stato consigliato di sperare ardentemente di avere fortuna con l’insegnante di sostegno che accetterà l’incarico per la scuola primaria. Ho anche seguito, con un’espressione sul viso tra il perplesso e l’incazzato, una bella spiegazione di quanti alunni ci devono essere al massimo in una classe dove ci sono bambini certificati e che questo limita il numero di bimbi che possono essere accettati dalla scuola. Grazie, non lo sapevo, ho un figlio in seconda superiore con il sostegno dall’asilo, ma ignoravo queste oscure leggi 😀 Ma per favore…

Se non altro almeno la responsabile mi ha risposto. La neuropsichiatra ASL che ha preso il posto di quella “storica” dei ragazzi andata in pensione il mese scorso non si è disturbata, così come anche quella del centro convenzionato ASL di terapia. Peccato che le avessi chiesto se poteva iniziare la pratica per il comunicatore elettronico (1400 euro più iva ad oggi) perchè mia figlia è stata valutata come autismo moderato ma dice sì è no 5 parole che capiamo comunque solo noi genitori. Chi l’ha preceduta si era rifiutata di chiederle l’aggravamento, inviato poi tramite un patronato sindacale, imponendomi di aspettare i test genetici. Peccato che i primi a cui siamo stati sottoposti abbiano dato risultati solo parziali e per il responso dei secondi sia necessario più di un anno… Più i mesi di stop tra un esame e l’altro…

Mentre online si parla ovunque di abilismo e di chi rappresenti meglio ogni singola categoria di autistici (lievi, moderati e gravi) come se si potessero davvero riunire tutti in queste 3 categorie, si viene sistematicamente abbandonati dagli enti che dovrebbero includere i nostri ragazzi. Allora noi genitori cosa facciamo? I genitori coraggio? No, li osserviamo, studiamo e cerchiamo di capire come abituarli a far pipì e cacca in bagno, a non spogliarsi mentre fuori ci sono 10 gradi, a fargli provare nuovi cibi e nuove esperienze (per la monella) o ad interagire coi propri compagni adolescenti, ad approcciarsi ad una coetanea senza risultare troppo rude o a fare un compito da mezz’oretta senza distrarsi (per il raggio). Però non è giusto. Se i nostri ragazzi fossero neurotipici i nostri unici problemi sarebbero l’aperitivo serale, il calcetto, l’appuntamento dal parrucchiere e via discorrendo, invece siamo in ritardo di mesi sugli esami annuali di routine minimi per cercare di restare in vita. Quando, dopo l’ennesimo muro di gomma, ci direte che abbiamo un brutto carattere, tenete conto anche di tutto questo.

La disabilità non importa

O meglio, conta solo per ciò che riguarda i diritti dei nostri figli.

Non è necessariamente una condanna, ma sono gli altri a fartela pesare.

Le ore di terapia (se si ha la fortuna di trovare subito posto in convenzione), quelle di sostegno, gli insegnanti preparati e quelli meno, il centro estivo (“non accettiamo ragazzi con problemi, solo quelli normali”), lo sport (“se ha problemi meglio che gli/le trovi un centro attrezzato per casi come il suo”), lo smart working che è una chimera…

Alla fine non sono (più) dilaniata dal peso delle diagnosi – sempre che riusciremo mai ad averne almeno una su due prima dei prossimi 10 anni – ma da tutti questi piccoli, grandi problemi che sommati diventano una montagna.

Allora cosa fai? Scleri? Sei pazza

Cerchi di dare una mano ai tuoi figli come puoi? Sei un genitore elicottero

Combatti contro tutti su tutta la linea? Sei una r*mpic*gl**n*

Anche a noi genitori H, per usare il termine con cui ci descriveva l’assistente sociale del nucleo adozioni 10 anni fa, piacerebbe una vita tranquilla, serena, inclusiva. Questo modo di nominarci tra l’altro dimostra il fatto che la ASL all’epoca avesse già tracciato una bella croce sulle nostre speranze.

Ma la cosa più senza senso, che ho scoperto in questi giorni, è che se adotti un/a bambino/a non italiano e chiedi di fargli fare un anno ponte alla scuola materna non c’è problema, se invece hai una bambina autistica grave, ma non adottata, sono tutti cavoli tuoi. Te la fanno proseguire che tu voglia o meno.

Così come anni fa mi era già successo col raggio. Tu sai che stai andando incontro al disastro, con la bimba che nella migliore delle ipotesi, vivrà in aula di sostegno (che alle elementari del raggio chiamavano aula morbida, neanche fosse un posto carino e divertente) e sei costretta ad ingoiare la rabbia e il senso di già visto, ed a fare finta che non sia successo niente.

Se poi a questo ci sommiamo l’auto che dopo 12 anni ci ha fatto ciao ciao (ed il delirio per acquistarne un’altra con iva al 4%), una delle nostre cagnoline che si è rotta un legamento del ginocchio (operata, un mese e mezzo di convalescenza, per non parlare del fattore economico) e abbiamo dovuto lasciar volare la più vecchia sul ponte dell’arcobaleno, perchè ho la fama di avere un pessimo carattere.

La disabilità non importa, purtroppo però ti viene fatta pesare ad ogni respiro

Secondo day hospital ed encefalogramma negativo

Due settimane fa la monella ha avuto un day hospital. Questa volta è stato più complicato di quello dell’anno scorso: ora è necessario sottoporsi al tampone per il covid 19, che deve essere ovviamente negativo ed è obbligatorio che resti solo un genitore per ogni piccolo/a ricoverato/a. All’ora di pranzo la piccola era già stufa di essere costretta a giocare per essere valutata da qualche dottoressa, salire e scendere le scale, fatta spogliare, visitata ed infine fatta rivestire. Per fortuna tra le varie visite e l’EEG c’è stata un’oretta dedicata al pranzo, così ci siamo un po’ rinfrancate.

La buona notizia è che l’elettroencefalogramma della monella è negativo. L’hanno bombardata per un buon quarto d’ora con luci intermittenti a varie frequenze, ma il tracciato è rimasto fortunatamente negativo. Era una delle mie paure più grosse, se non proprio quella più enorme. Con le malformazioni cerebrali con le quali è nata c’era una forte probabilità di anomalie.

La cattiva, se così si può dire, è che c’è molto da fare e non so se sto seguendo la strada più giusta per la piccola.

Sta frequentando la scuola materna. Per me resta soprattutto una fonte inesauribile di virus e batteri, ma per lei è un bombardamento continuo di stimoli diversi che io riuscirei a fornirle solo in piccola parte.

Abbiamo pian pianino iniziato la PECS e mi sto organizzando per crearle l’agenda giornaliera, per ora solo tascabile. Con la PECS mi si è aperto un mondo: finalmente in famiglia riusciamo a capire per esempio se la monella per merenda preferisce una banana anziché una merendina o se le fa piacere giocare con gli incastri, piuttosto che con i peluche.

Grazie all’asilo, alle terapie ed alla PECS la vedo più reattiva e propositiva e qualche volta tenta anche di pronunciare delle paroline.

Vorrei saltare in avanti di 10 anni per vedere se riuscirà a parlare, se troveremo delle scuole decenti (col raggio abbiamo trovato insegnanti brave, ma con la capacità di immedesimarsi di Crudelia De Mon) e se riuscirà a farsi delle amiche. Ma cercherò di resistere e di seguire i passi canonici senza scalpitare (al 99,99%) 😉