Come fili d’erba

I pargoli hanno iniziato entrambi la scuola. Il raggio la terza superiore e la monella la prima elementare.

Con la scuola del grande siamo più o meno ormai rodati e non ci sono stati (dicendolo piano) grossi problemi. Una delle professoresse di sostegno ha vinto un concorso ed è andata via. Ovviamente quella con cui ci trovavamo meglio e l’unica ad essere specializzata. Pazienza. La docente che ha preso il suo posto sembra essere altrettanto volenterosa e sveglia.

La piccola è partita invece senza sostegno. Tre mesi prima la segreteria aveva perso la sua 104. Due giorni prima dell’inizio delle lezioni si sono invece accorti che mancavano dei documenti così non l’hanno inserita nel registro cartaceo della classe, nel Pagoinrete e non mi hanno girato le credenziali del registro elettronico per controllare le lezioni. Ah, e mancava l’educatrice. Mi sono incavolata, ho piantato un casino che non finiva più? Ho scritto all’ufficio scolastico regionale (il minuscolo è assolutamente voluto)?

No.

Ho semplicemente lasciato la bambina alle maestre di classe. Dopo una settimana scarsa è arrivata la maestra di sostegno. Incazzatura e ulcera risparmiate o almeno diminuite in gran parte.

Il marito mi ha furbescamente suggerito di adottare la filosofia del filo d’erba, farsi cioè muovere dal vento senza farsi spezzare. Aspettare che le cose seguano il loro corso naturale limitando al massimo il proprio intervento e lasciando che anche gli altri si preoccupino di sistemare i problemi e non solo sempre ed unicamente noi genitori. Anche perchè, oltre alla scuola, abbiamo già abbastanza problemi.

Inoltre (rullo di tamburi) dopo SOLO un anno si è svolto finalmente l’incontro con la neuropsichiatra in ASL che è culminato con la firma sui moduli di richiesta del comunicatore elettronico per la CAA. Anche se mi rendo conto che ormai è già quasi passato QUASI mezzo anno scolastico ed allora ripeto sottovoce tra me e me: “Filo d’erba, filo d’erba, filo d’erba!”

Grazie di nulla

Qualche giorno fa ho avuto un incontro online con la responsabile (non dirigente, attenzione) dell’asilo della monella. Una conversazione di 20 minuti scarsi con un cellulare che inquadrava due mezzi volti ed il muro: il secondo viso era quello dalla funzionaria comunale, non sia mai che la responsabile riesca a controbattere a tutte le mie osservazioni senza una guardia del corpo (perchè, è noto, io mordo). Il colloquio si può riassumere in poche righe: se tua figlia ha “solo” disabilità – anche grave come nel nostro caso – sono fatti tuoi. Sappiamo perfettamente che la piccola non è pronta alla primaria, ma non è un problema nostro, quindi arrangiati. Grazie mille, lo farò sicuramente, come sempre d’altronde. Mi è stato consigliato di sperare ardentemente di avere fortuna con l’insegnante di sostegno che accetterà l’incarico per la scuola primaria. Ho anche seguito, con un’espressione sul viso tra il perplesso e l’incazzato, una bella spiegazione di quanti alunni ci devono essere al massimo in una classe dove ci sono bambini certificati e che questo limita il numero di bimbi che possono essere accettati dalla scuola. Grazie, non lo sapevo, ho un figlio in seconda superiore con il sostegno dall’asilo, ma ignoravo queste oscure leggi 😀 Ma per favore…

Se non altro almeno la responsabile mi ha risposto. La neuropsichiatra ASL che ha preso il posto di quella “storica” dei ragazzi andata in pensione il mese scorso non si è disturbata, così come anche quella del centro convenzionato ASL di terapia. Peccato che le avessi chiesto se poteva iniziare la pratica per il comunicatore elettronico (1400 euro più iva ad oggi) perchè mia figlia è stata valutata come autismo moderato ma dice sì è no 5 parole che capiamo comunque solo noi genitori. Chi l’ha preceduta si era rifiutata di chiederle l’aggravamento, inviato poi tramite un patronato sindacale, imponendomi di aspettare i test genetici. Peccato che i primi a cui siamo stati sottoposti abbiano dato risultati solo parziali e per il responso dei secondi sia necessario più di un anno… Più i mesi di stop tra un esame e l’altro…

Mentre online si parla ovunque di abilismo e di chi rappresenti meglio ogni singola categoria di autistici (lievi, moderati e gravi) come se si potessero davvero riunire tutti in queste 3 categorie, si viene sistematicamente abbandonati dagli enti che dovrebbero includere i nostri ragazzi. Allora noi genitori cosa facciamo? I genitori coraggio? No, li osserviamo, studiamo e cerchiamo di capire come abituarli a far pipì e cacca in bagno, a non spogliarsi mentre fuori ci sono 10 gradi, a fargli provare nuovi cibi e nuove esperienze (per la monella) o ad interagire coi propri compagni adolescenti, ad approcciarsi ad una coetanea senza risultare troppo rude o a fare un compito da mezz’oretta senza distrarsi (per il raggio). Però non è giusto. Se i nostri ragazzi fossero neurotipici i nostri unici problemi sarebbero l’aperitivo serale, il calcetto, l’appuntamento dal parrucchiere e via discorrendo, invece siamo in ritardo di mesi sugli esami annuali di routine minimi per cercare di restare in vita. Quando, dopo l’ennesimo muro di gomma, ci direte che abbiamo un brutto carattere, tenete conto anche di tutto questo.

Autismo on/off

In queste settimane il raggio e la monella frequentano insieme il centro convenzionato Asl per le terapie. Non succede spesso, ma il ragazzone aveva da recuperare delle ore ed il front office, per comodità, ha cercato di farmi coincidere i giorni con quelli della sua sorellina.

Le facce dei genitori che ci vedono far entrare un figlio e riprendere l’altra (o viceversa) è un’ulteriore storia che forse prima o poi racconterò…

Non mi piace il modo di fare della psicomotricista con la monella, ma solitamente, per amore di pace (e per tentare di dare fiducia alla sua supposta professionalità) sto zitta.

Ma ieri mi è salita la carogna.

La cucciola è super iperattiva (è uno dei campanelli d’allarme che mi ha spinta a sottoporla ad una valutazione funzionale globale ed a una visita logopedica 2 anni fa), ma entra comunque abbastanza volentieri prima nella struttura e poi in stanza.

Ieri, quando è stata chiamata dalla psicomotricista, stava giocando con uno di quegli oggettini antistress di silicone in cui devi schiacciare le palline, che un’altra bimba le aveva gentilmente prestato. Con un gesto di stizza per essere stata interrotta ha buttato in terra il quaderno di comunicazione.

Apriti cielo!

All’uscita io ed il papy abbiamo vinto un pippone dalla terapista.

“La bambina è iperattiva e non si concentra” (Ma va? Non l’avrei mai detto)

“ L’attività motoria di sera la agita” (E noi scemi che credevamo di aiutarla a scaricarsi)

“ Il quaderno di comunicazione deve stare sempre con lei” (Ah, allora non possiamo usarlo per lavarci i vetri, peccato!”)

Alla prima cazzata ho iniziato a ripetere tra me e me come un mantra annastaizitta annastaizitta annastaizitta, ma quando in soldoni ha detto che a casa non le interessa cosa fa la bambina, ma lì al centro deve stare ferma ed immobile, le ho chiesto se pensa che la bimba abbia un interruttore che la faccia passare a comando da autistica (parola che il centro e la Asl ovviamente non usano mai perché dovrebbero prendersi la responsabilità di una diagnosi precisa) a neurotipica. Ma perché certe persone lavorano coi bambini quando è evidente che non ne hanno alcuna voglia?