Centri estivi inclusivi e dove NON trovarli

Quest’anno (dopo che nel 2020 avevo fatto rinunciare il raggio per timore del contagio in piena pandemia) ho tentato di iscriverlo nuovamente ad un centro estivo.

Per prima cosa ho contattato quello dove è sempre andato, anche se a dire la verità non mi ha mai particolarmente entusiasmata. Detto e fatto. Tre email in due mesi e nessuna risposta. Mando allora un reclamo alla loro sede nazionale e, magia, mi telefonano due ore dopo. In due giorni mi inviano i moduli per l’iscrizione e per richiedere l’educatore comunale che compilo e rispedisco in una mattinata. Ovviamente non vengo più ricontattata, per l’ennesima volta. Scrivo di nuovo e mi chiama una tizia dalla voce annoiata e quasi offesa che mi dice che no, i miei moduli via mail non sono mai arrivati e che comunque quest’anno non esiste più il punto di raccolta nel quartiere dove abitiamo. Ma farmelo presente due mesi prima no? Vabbè…

Continuo quindi a cercare un centro che accetti il ragazzone. Provo anche con quelli organizzati per ragazzi neurotipici. Molti non mi rispondono proprio, immagino perchè nell’email di contatto scrivo subito che il ragazzo ha 14 anni ed una disabilità psichica.

Tutti gli altri o abbassano improvvisamente l’età massima dei ragazzi (sul sito e sulla pagina Facebook c’è scritto sino a 17 anni che diventano improvvisamente 12) o (i più onesti) mi confessano che non hanno educatore comunale e non se la sentono di gestire una situazione di non neurotipicità.

Mi suggeriscono un’associazione che riesco a contattare telefonicamente. Sono quello che di più simile riesco a trovare all’associazione che sfruttavo per il raggio negli anni precedenti. Purtroppo il loro centro di raccolta è parecchio distante da casa nostra. E con le terapie del ragazzone e della monella in quasi tutti i giorni della settimana è un po’ un casino… Chiedo allora tramite messaggio se hanno la possibilità di fornirmi un educatore domiciliare. Mai più sentiti.

La maestra d’asilo della monella è anche istruttrice di nuoto per ragazzi con disabilità. E’ quasi certa che in piscina ci sia un corso dedicato. Le fornisco i verbali della 104 del raggio, ma poi esce fuori che è dedicato solo ai ragazzi dai 16 anni in su.

Ricapitolando è troppo “vecchio” e troppo disabile per i centri classici e troppo “giovane” per quelli dedicati.

Al limite della disperazione contatto la neuropsichiatra ASL per un consiglio. Finalmente, tra tutti quelli che gentilmente mi fornisce, mi dà anche il contatto di un’associazione in centro città non lontanissima da casa. La contatto scrivendo un’email e quando penso che sarà l’ennesimo buco nell’acqua mi telefona un signora molto gentile. Mi spiega che fanno centro estivo ma, ahimè, solo per chi era già iscritto dall’inverno precedente. Mi promette invece che dopo l’estate mi ricontatterà per un appuntamento con la presidente per parlare dei gruppi che hanno in associazione per sviluppare le abilità sociali e (finalmente!) dell’educatore domiciliare che loro hanno e sembra possano fornire. Vediamo se a settembre manterranno la parola data.

Quest’anno è stato impossibile trovare un centro estivo per il raggio. Tra il covid, la sua disabilità ed il fatto che ormai abbia 14 anni è un casino. Non mi arrendo, ho bisogno di farlo interagire con i suoi coetanei.

Anche a scuola, verso la fine dell’anno scolastico, i tre professori di sostegno ai quali è stato assegnato hanno provato a svolgere dei piccoli progetti per inserirlo maggiormente tra i suoi compagni. Per certi versi è stato un buco nell’acqua (ogni volta che chiedeva ai ragazzi più “fighi” della classe di uscire si beccava dei no o delle bugie, come quando li ha beccati su Instagram al Mc Donald del quartiere dopo che dovevano essere dal vecchio zio o dalla vecchia nonna), ma non del tutto. Tra la fine della scuola e l’esame il raggio è uscito da solo con un suo compagno che è anche un nostro vicino di casa. In tutto questo, l’ho scoperto solo pochi giorni fa, ha ricevuto l’aiuto anche da un suo terapista a cui aveva chiesto consiglio su cosa dire e come dirlo al suo amico. Stessi consigli che gli abbiamo suggerito io ed il papy ma se lo dice il terapista Davide allora è vero! 😉

I 4 anni della monella

La monella ha compiuto 4 anni.

4 anni bellissimi, con l’eccezione del primo abbozzo di diagnosi a novembre 2019.

Da un po’ di tempo sto rimuginando su quale sia il momento esatto in cui ha iniziato a manifestare i sintomi del disturbo del neurosviluppo. La risposta, lo so, è: a due anni e mezzo.

Ieri ho riguardato su google photo le immagini della gravidanza e della monella appena nata. Nelle prime dorme praticamente sempre (sarebbe stato strano il contrario), ma ce ne sono alcune in cui guarda decisamente l’obiettivo dello smartphone dal quale le viene scattata la foto.

Perché dai 2 anni è mezzo il suo cervello si è accorto che qualcosa non andava? Perché sino a quel momento ha funzionato tutto in maniera apparentemente normale e poi di botto ha iniziato a crashare? Mistero.

Mi domando se la dottoressa che mi ha sottoposta alle due morfologiche abbia notato qualche segnale di malformazione nella testa della piccola. Probabilmente no, perché a venti settimane di gestazione il cervello non ha ancora assunto la sua forma definitiva ed infine cercava un’agenesia come per il raggio che però in questo caso non c’era.

Non voglio guardare la monella come ad un caso clinico, ma solo come alla mia super impegnativa bimba. In questo però i medici non sono molto d’aiuto. La neuropsichiatra che durante l’ultimo day hospital ha sottoposto la monella alla valutazione funzionale globale ad un certo punto mi ha chiesto se mi fossi accorta che la bambina è gergofasica (Mi sono trattenuta dal chiederle che c*zz* volesse dire, ora lo so, cercare di ripetere i discorsi ma con suoni che non hanno senso). Nella lettera di dimissioni ha poi scritto, che fa un sorriso grimace (come una smorfia, forzato). E’ vero, ma se fosse neurotipica non la sottoporrei ad un day hospital o due all’anno!

Probabilmente un giorno, con mio marito, sorrideremo di tutte queste preoccupazioni e probabilmente avremo ingranato il giusto ritmo tra terapia, scuola e, perché no, qualche passatempo. Per ora cerchiamo solamente di capire se stiamo dando alla cucciola gli strumenti per comunicare ed essere indipendente un domani

Natale 2020

Domani sera sarà la vigilia di Natale. Dopo cena faremo probabilmente una videochiamata ai parenti.

A causa del maledetto covid 19 per la prima volta da… quanto? 20 anni? Trascorreremo la vigilia ed il Natale a casa nostra.

Mi dispiace privare i ragazzi della compagnia dei parenti, della cena del 24 che dura per ore, degli scherzi coi cugini e dell’apertura dei regali a mezzanotte con ogni appendice disponibile, ma non ce la sentiamo di rischiare di contagiare i miei suoceri e mia mamma.

D’altro canto, negli ultimi anni, il Natale per me ha significato anche trascorrere due giorni ad inseguire la monella mentre si nasconde sotto i tavoli, cerca di scalare i mobili e prova a disintegrare gli amati soprammobili di mia suocera… Per non parlare della difficoltà di addormentarla mentre c’è una festa in corso, con luci e voci annesse a fare da sottofondo.

Dopo esserci scambiati già i regali, praticamente con la fionda ed a distanza di sicurezza, aspetteremo la mezzanotte per aprire i pacchi ed i pacchettini.

Buone Feste a tutti!