Come fili d’erba (un po’ calpestati)

Come fili d’erba non funziona. O meglio, serve, ma solo sino ad un certo punto.

Facciamo un passo indietro.

Puoi tentare di rimanere zen e distaccata quanto vuoi, ma quando ti chiamano i professori del raggio, le insegnanti della monella, il centro di formazione, il centro di terapia e le badanti di tua mamma sia di notte che di giorno il tuo filo d’erba ormai ha l’ulcera.

Il ragazzo che non era capace di tenere le mani a posto al centro di s(f)ormazione è stato allontanato definitivamente. Una possibilità deve essere concessa a tutti, a patto che questa persona non metta in pericolo i propri compagni di corso.

Mia mamma (ne ho parlato qui) è mancata l’anno scorso ad ottobre. La demenza vascolare è una malattia bruttissima. E’ come l’Alzheimer, ma infinitamente più veloce. Il declino cognitivo va di pari passo con quello fisico: si parte da una situazione in cui la persona sembra solo un po’ più distratta del solito, per arrivare alle allucinazioni, alla disfagia, ai problemi respiratori, alle lesioni da decubito ed infine ai problemi respiratori. E qui mi fermo.

L’anno scorso è mancata anche mia zia. Certo, era in sedia a rotelle, era diventata diabetica ed aveva più di 80 anni. Un giorno ci stavamo scrivendo su Facebook ed il giorno dopo invece alle 7:30 di mattina mi squilla il telefono e c’è sul display il numero di mia cugina… Shock. Le assomigliavo molto ed era praticamente l’ultima persona che mi legava a mio padre, suo fratello.

Tra me e me mi sono detta che comunque il 2024 era bisestile, che un po’ più di movimento sulla linea del destino ci stava, e mi sono rassicurata ripetendomi che il 2025 sarebbe stato un anno tranquillo.

No.

A dicembre 2024, la monella inizia a star male: è nervosissima, vomita di notte e ha continue crisi di rabbia. Anche a terapia le due dottoresse che la seguono (e che lei adora) mi chiedono cosa sta succedendo. Non so fornire loro una risposta, così forse pensano che voglia fare la sostenuta o peggio la scazzata. Iniziamo col papy a portare la bimba dal pediatra, una, due, tre volte finché il dottore si decide a scriverci una visita gastroenterologica. Negativa. Con mio marito facciamo fatica a prendere sonno, ci prospettiamo scenari tremendi l’uno con l’altro finché a fine marzo di quest’anno diventa tutto fin troppo chiaro. Qui mi fermo aggiungendo solo che abbiamo cambiato scuola alla monella, non di corsa, ma di più. E in maniera quasi miracolosa la piccola ha tratto giovamento anche da un paio di giorni a settimana al polo gravi. Se è vero che ci sono bambini anche gravissimi, è palpabile anche però un ambiente più tranquillo, per certi versi rilassato e c’è tantissimo personale presente: la direttrice, le maestre, l’insegnante di musica ed anche un’infermiera!

Non so ancora cosa ci aspetterà a settembre, ma ho imparato che se l’imprevisto è dietro l’angolo l’importante non è ovviamente evitarlo, ma riuscire a reagire in sincronia con mio marito e velocemente. E che, per quanto da alcune persone i ragazzi con una disabilità siano considerati di serie B, ti puoi avvicinare ai nostri figli solo se hai buone intenzioni. Sennò noi genitori potremmo diventare un po’ incavolati e per nulla disposti a mediare

Centro di (s)formazione

Il raggio ha iniziato il terzo anno delle superiori.

Avendo un programma differenziato rispetto ai suoi compagni, segue un percorso di formazione integrata (anziché l’alternanza scuola lavoro). Frequenta cioè 3 giorni a settimana le lezioni a scuola, ed i restanti 2 giorni va al centro di formazione. Detto così sembra semplice. Tra l’altro a noi genitori era sembrata anche una buona idea per staccare dalla scuola, facendo altre cose in un ambiente più inclusivo e rilassato.

Non frequenta volentieri l’ente di formazione. Non essendo al corrente della propria disabilità vede gli altri ragazzi, tutti certificati come lui, e comincia ad avere dei dubbi anche su se stesso. Purtroppo sente anche un senso di rifiuto. Lo stesso che ha da quando gli abbiamo parlato del fatto che sua sorella abbia la diagnosi di spettro autistico.

Io ed il papà gli abbiamo spiegato che sia lui che i suoi compagni di corso hanno diritto di cercare di entrare nel mondo del lavoro o almeno di provarci. Ed in previsione di questo importante step deve piano piano imparare a convivere sia con le persone che gli piacciono (e con cui si trova bene) che con quelle che non lo attirano particolarmente (con le quali magari si trova meno bene).

Un giorno, all’ora di pranzo, il raggio torna a casa dicendo che uno dei compagni di corso gli ha dato diversi spintoni, sino a farlo quasi cadere dalla sedia durante la lazione. E vabbè penso, sono ragazzi, ci sta che scherzino in maniera più fisica… Mando un messaggio WhatsApp ad una delle tutor, chiedendole di stare attenta ad eventuali contatti bruschi tra loro due e considero chiuso l’argomento.

Lezione successiva: il raggio, durante la ricreazione, riceve dei pugni sulle braccia che gli fanno male, sempre dalla stessa persona. L’adulto presente si limita a chiedere all’altro ragazzo di smetterla di dare colpi al compagno. Il pargolo scrive a noi genitori via messaggio e viene cazziato dai tutor dicendogli di non far intervenire casa perchè “tanto i tuoi genitori non potrebbero fare niente in questa situazione“. Mi agito, temendo per la sua sicurezza. Questa volta non mi limito al messaggino, ma faccio una telefonata alla responsabile. Minimizza, scazzata. Sono perfettamente consapevole che finirà tutto a tarallucci e vino. Inizio quindi a parlare della situazione con la responsabile degli insegnanti di sostegno scolastici che mi consiglia di chiedere a chi ha fatto le segnalazioni alla regione per inserire il raggio nel percorso integrato: la neuropsichiatra ASL e l’assistente sociale del centro di terapia convenzionato.

Siamo ad un’altra lezione ancora. I tutor devono aver sgridato il compagno del raggio perchè si limita a rovesciargli una bottiglietta d’acqua sui jeans e gli dà “solo” qualche schiaffo in testa. Sono incazzata come un gorilla selvatico. Chiamo la responsabile (che non mi risponde apposta un paio di volte) che poi apre invece la comunicazione sbuffando. All’inizio della chiamata cerca di convincermi che i ragazzi scherzavano tra loro, poi dopo che le rispondo di non prendermi per il… naso afferma allora che il raggio ha provocato il suo compagno. Le richiedo di non dire… corbellerie ed allora si giustifica col fatto che il compagno manesco ha problemi con la gestione della rabbia e che non ci si può fare nulla. Comprendo così bene il suo punto di vista che affermo che se la volta successiva il pargolo tornerà a casa con qualche segno addosso lo faccio refertare e parte una denuncia. Credo si stia trattenendo per non mandarmi a… stendere.

Il raggio ci chiede di saltare la giornata successiva di corso, e meno male che gli diamo retta! Il suo compagno con cui stavano solo scherzando e sono solo ragazzi aggredisce una altro compagno ed un professore e scoppia la baraonda. Non scrivo qui i dettagli, perchè è una questione molto delicata, ma esplode davvero un grosso casino. Dal centro mi chiamano per chiedere come mai il pargolo non si è presentato e, quando rispondo testualmente che non viene garantita la sua sicurezza lì e che quindi non frequenterà più finché non ci sentiremo più sicuri di mandarlo, partono le urla. Urlo anch’io nello smartphone come una pescivendola, spiegando che ho segnalato il problema ai servizi.

Panico.

Ahi ahi… Allora non era proprio esatto che noi genitori non potevamo comunque farci nulla! Colpo di scena! Dopo qualche giorno vengo richiamata e ci viene fissato un appuntamento.

Mi rifiuto di portare con noi genitori il raggio innanzitutto perchè è la parte offesa e non colui che ha fatto la birbonata ed infine perchè non è giorno di corso ma di scuola e dovrebbe comunque fare un’assenza. Mi illudo che magari si scuseranno. No, col cavolo, ho quasi 50 anni e penso ancora che le persone siano per la maggior parte brave. Se potessi mi schiaffeggerei da sola. Mi limiterò a darmi della scema allo specchio.

Arriva il gran giorno. Ci presentiamo al centro noi genitori ed assistiamo a due ore di monologo della tutor (del responsabile del centro neanche a parlarne) dove riusciamo ad inserirci a malapena. Solite cazzate (scherzavano, il raggio ha comunque provocato il compagno rivolgendo la parola ad una ragazza che piace ad entrambi ecc) ma soprattutto l’amarezza di capire che, se noi genitori non avessimo piantato un casino e segnalato il tutto, saremmo forse stati costretti a ritirare il raggio dal corso, facendogli perdere un anno. Il ragazzo che gli ha alzato le mani invece ora ha subito 2 giorni di sospensione e segue solo lezioni individuali. Ma io mi chiedo: non si poteva farlo subito? Ed addio alla filosofia del filo d’erba