Ce la posso fare

Forse.

Sto tentando di gestire mia mamma in casa sua, con la demenza vascolare che ormai va al galoppo, per non ricoverarla in RSA. Ma è difficile ed a fine giornata mi sento prosciugata.

Un giorno sì e l’altro pure le ordino la spesa (per lei e per le badanti), vado in farmacia (o prego i farmacisti, nel senso più letterale della parola, di farle una consegna a domicilio), trovo sostituzioni per una delle 3 badanti (mattino, pomeriggio sera e notte ed infine week end) che desidera giustamente prendersi una feria o un permesso oppure sta male, affronto una crisi (non vuole mangiare o prendere farmaci o si è convinta di avere chissà quale malattia ecc…), chiamo medici se ci sono problemi e discuto per farle ottenere dispositivi o protesi di cui potrebbe avere bisogno. In alcuni casi ho dovuto fare la badante io stessa: non avevo molte opzioni per rifiutare o poter arricciare il naso.

Tutto questo oltre alle diverse routine del raggio e della monella.

La situazione relativa a mia mamma è precipitata nell’arco di pochi mesi, a cavallo tra l’anno scorso e quest’anno. Sono riuscita ad farle attribuire l’indennità di accompagnamento ed a breve avrà anche il contributo regionale per la disabilità gravissima, senza che neanche quasi se ne renda conto.

Il lato negativo di questa situazione è che avrei voluto avere un po’ prima un quadro più chiaro di quello che stava e sta succedendo. Quello positivo, in un certo senso, è che la situazione è talmente compromessa che non ho dovuto neanche impuntarmi o presentare ricorsi tramite un legale per ottenere l’accompagnamento e tutto il resto.

Rileggendo il mio stesso post mi sono resa conto che non ho mai parlato di mia mamma in questo blog. Per lei sarebbe necessario iniziarne uno a parte 😉

Ma non lo farò. Non essendo mai andata d’accordo con lei, questo aiuto che che cerco di fornirle basta e avanza.

Fate attenzione se i vostri genitori cominciano a confondere il mattino con la sera, non si ricordano che giorno è ed in che anno siamo, fanno casini coi soldi (io sono dovuta diventare amministratore di sostegno di mia mamma), girovagano per casa senza una meta, sembrano confusi e si dimenticano dei vostri mariti (o mogli) e dei vostri figli. Sono tutti campanelli d’allarme.

Grazie di nulla

Qualche giorno fa ho avuto un incontro online con la responsabile (non dirigente, attenzione) dell’asilo della monella. Una conversazione di 20 minuti scarsi con un cellulare che inquadrava due mezzi volti ed il muro: il secondo viso era quello dalla funzionaria comunale, non sia mai che la responsabile riesca a controbattere a tutte le mie osservazioni senza una guardia del corpo (perchè, è noto, io mordo). Il colloquio si può riassumere in poche righe: se tua figlia ha “solo” disabilità – anche grave come nel nostro caso – sono fatti tuoi. Sappiamo perfettamente che la piccola non è pronta alla primaria, ma non è un problema nostro, quindi arrangiati. Grazie mille, lo farò sicuramente, come sempre d’altronde. Mi è stato consigliato di sperare ardentemente di avere fortuna con l’insegnante di sostegno che accetterà l’incarico per la scuola primaria. Ho anche seguito, con un’espressione sul viso tra il perplesso e l’incazzato, una bella spiegazione di quanti alunni ci devono essere al massimo in una classe dove ci sono bambini certificati e che questo limita il numero di bimbi che possono essere accettati dalla scuola. Grazie, non lo sapevo, ho un figlio in seconda superiore con il sostegno dall’asilo, ma ignoravo queste oscure leggi 😀 Ma per favore…

Se non altro almeno la responsabile mi ha risposto. La neuropsichiatra ASL che ha preso il posto di quella “storica” dei ragazzi andata in pensione il mese scorso non si è disturbata, così come anche quella del centro convenzionato ASL di terapia. Peccato che le avessi chiesto se poteva iniziare la pratica per il comunicatore elettronico (1400 euro più iva ad oggi) perchè mia figlia è stata valutata come autismo moderato ma dice sì è no 5 parole che capiamo comunque solo noi genitori. Chi l’ha preceduta si era rifiutata di chiederle l’aggravamento, inviato poi tramite un patronato sindacale, imponendomi di aspettare i test genetici. Peccato che i primi a cui siamo stati sottoposti abbiano dato risultati solo parziali e per il responso dei secondi sia necessario più di un anno… Più i mesi di stop tra un esame e l’altro…

Mentre online si parla ovunque di abilismo e di chi rappresenti meglio ogni singola categoria di autistici (lievi, moderati e gravi) come se si potessero davvero riunire tutti in queste 3 categorie, si viene sistematicamente abbandonati dagli enti che dovrebbero includere i nostri ragazzi. Allora noi genitori cosa facciamo? I genitori coraggio? No, li osserviamo, studiamo e cerchiamo di capire come abituarli a far pipì e cacca in bagno, a non spogliarsi mentre fuori ci sono 10 gradi, a fargli provare nuovi cibi e nuove esperienze (per la monella) o ad interagire coi propri compagni adolescenti, ad approcciarsi ad una coetanea senza risultare troppo rude o a fare un compito da mezz’oretta senza distrarsi (per il raggio). Però non è giusto. Se i nostri ragazzi fossero neurotipici i nostri unici problemi sarebbero l’aperitivo serale, il calcetto, l’appuntamento dal parrucchiere e via discorrendo, invece siamo in ritardo di mesi sugli esami annuali di routine minimi per cercare di restare in vita. Quando, dopo l’ennesimo muro di gomma, ci direte che abbiamo un brutto carattere, tenete conto anche di tutto questo.

La disabilità non importa

O meglio, conta solo per ciò che riguarda i diritti dei nostri figli.

Non è necessariamente una condanna, ma sono gli altri a fartela pesare.

Le ore di terapia (se si ha la fortuna di trovare subito posto in convenzione), quelle di sostegno, gli insegnanti preparati e quelli meno, il centro estivo (“non accettiamo ragazzi con problemi, solo quelli normali”), lo sport (“se ha problemi meglio che gli/le trovi un centro attrezzato per casi come il suo”), lo smart working che è una chimera…

Alla fine non sono (più) dilaniata dal peso delle diagnosi – sempre che riusciremo mai ad averne almeno una su due prima dei prossimi 10 anni – ma da tutti questi piccoli, grandi problemi che sommati diventano una montagna.

Allora cosa fai? Scleri? Sei pazza

Cerchi di dare una mano ai tuoi figli come puoi? Sei un genitore elicottero

Combatti contro tutti su tutta la linea? Sei una r*mpic*gl**n*

Anche a noi genitori H, per usare il termine con cui ci descriveva l’assistente sociale del nucleo adozioni 10 anni fa, piacerebbe una vita tranquilla, serena, inclusiva. Questo modo di nominarci tra l’altro dimostra il fatto che la ASL all’epoca avesse già tracciato una bella croce sulle nostre speranze.

Ma la cosa più senza senso, che ho scoperto in questi giorni, è che se adotti un/a bambino/a non italiano e chiedi di fargli fare un anno ponte alla scuola materna non c’è problema, se invece hai una bambina autistica grave, ma non adottata, sono tutti cavoli tuoi. Te la fanno proseguire che tu voglia o meno.

Così come anni fa mi era già successo col raggio. Tu sai che stai andando incontro al disastro, con la bimba che nella migliore delle ipotesi, vivrà in aula di sostegno (che alle elementari del raggio chiamavano aula morbida, neanche fosse un posto carino e divertente) e sei costretta ad ingoiare la rabbia e il senso di già visto, ed a fare finta che non sia successo niente.

Se poi a questo ci sommiamo l’auto che dopo 12 anni ci ha fatto ciao ciao (ed il delirio per acquistarne un’altra con iva al 4%), una delle nostre cagnoline che si è rotta un legamento del ginocchio (operata, un mese e mezzo di convalescenza, per non parlare del fattore economico) e abbiamo dovuto lasciar volare la più vecchia sul ponte dell’arcobaleno, perchè ho la fama di avere un pessimo carattere.

La disabilità non importa, purtroppo però ti viene fatta pesare ad ogni respiro