La disabilità non importa

O meglio, conta solo per ciò che riguarda i diritti dei nostri figli.

Non è necessariamente una condanna, ma sono gli altri a fartela pesare.

Le ore di terapia (se si ha la fortuna di trovare subito posto in convenzione), quelle di sostegno, gli insegnanti preparati e quelli meno, il centro estivo (“non accettiamo ragazzi con problemi, solo quelli normali”), lo sport (“se ha problemi meglio che gli/le trovi un centro attrezzato per casi come il suo”), lo smart working che è una chimera…

Alla fine non sono (più) dilaniata dal peso delle diagnosi – sempre che riusciremo mai ad averne almeno una su due prima dei prossimi 10 anni – ma da tutti questi piccoli, grandi problemi che sommati diventano una montagna.

Allora cosa fai? Scleri? Sei pazza

Cerchi di dare una mano ai tuoi figli come puoi? Sei un genitore elicottero

Combatti contro tutti su tutta la linea? Sei una r*mpic*gl**n*

Anche a noi genitori H, per usare il termine con cui ci descriveva l’assistente sociale del nucleo adozioni 10 anni fa, piacerebbe una vita tranquilla, serena, inclusiva. Questo modo di nominarci tra l’altro dimostra il fatto che la ASL all’epoca avesse già tracciato una bella croce sulle nostre speranze.

Ma la cosa più senza senso, che ho scoperto in questi giorni, è che se adotti un/a bambino/a non italiano e chiedi di fargli fare un anno ponte alla scuola materna non c’è problema, se invece hai una bambina autistica grave, ma non adottata, sono tutti cavoli tuoi. Te la fanno proseguire che tu voglia o meno.

Così come anni fa mi era già successo col raggio. Tu sai che stai andando incontro al disastro, con la bimba che nella migliore delle ipotesi, vivrà in aula di sostegno (che alle elementari del raggio chiamavano aula morbida, neanche fosse un posto carino e divertente) e sei costretta ad ingoiare la rabbia e il senso di già visto, ed a fare finta che non sia successo niente.

Se poi a questo ci sommiamo l’auto che dopo 12 anni ci ha fatto ciao ciao (ed il delirio per acquistarne un’altra con iva al 4%), una delle nostre cagnoline che si è rotta un legamento del ginocchio (operata, un mese e mezzo di convalescenza, per non parlare del fattore economico) e abbiamo dovuto lasciar volare la più vecchia sul ponte dell’arcobaleno, perchè ho la fama di avere un pessimo carattere.

La disabilità non importa, purtroppo però ti viene fatta pesare ad ogni respiro

La monella compie 5 anni

La monella ha compiuto 5 anni.

Da quando, poco più di una settimana fa, abbiamo finalmente ricevuto una diagnosi ufficiale di spettro autistico, mi viene un po’ da sorridere pensando al fatto che sia nata il giorno dopo al quale si celebra la giornata mondiale dedicata all’autismo. Pensandoci ora con calma avrei forse dovuto cogliere questa quasi coincidenza come un segnale per il futuro. Sono talmente abituata ormai a percepire segnali di non neurotipicità che già intorno al suo secondo compleanno sentivo l’ansia stringermi il petto, ma non osavo nemmeno confessare a me stessa che temevo qualcosa non andasse per il verso giusto. Dopo pochi mesi, in piena estate, mi sono detta che una visita per scrupolo con la neuropsichiatra che segue anche il raggio non le avrebbe comunque fatto male. Il resto è storia…

La prima diagnosi di disturbo del neurosviluppo, la risonanza magnetica che ha scoperto le varie malformazioni cerebrali (completamente diverse da quella del fratellone) e la scoperta delle anomalie genetiche mi sembrano ormai avvenute un secolo fa.

Tu per me sei solo la mia bambina, già quasi grande ormai. Non lo spettro, non le malformazioni, non gli stimming, ma solo una cinquenne testarda, un po’ capricciosa e delicata come un camionista che a volte riesce anche a farmi incazzare come una bestia. Dovremo certamente tenere sempre conto della tua non neurotipicità per tentare di darti una vita che valga la pena di essere vissuta, ma per oggi sei solo la nostra principessina festeggiata. Auguri amore mio ❤️

L’autismo all’improvviso (ed i ricorsi)

L’anno scorso a marzo ho presentato due domande di aggravamento: una per la monella ed una per mio suocero. Dopo “soli” 6 mesi sono arrivate le lettere con le richieste di invio della documentazione – non sia mai che li facciano andare in presenza per dar loro almeno un’occhiata veloce – così scannerizzo, metto in ordine di data ed invio tutto il “pacchetto” di esami e visite per entrambi.

Due giorni prima di Natale arriva nel cassetto utente dell’app sullo smartphone il risultato per la piccola: confermato il verbale precedente. Io e mio marito ci guardiamo negli occhi increduli e decidiamo di presentare immediatamente ricorso.

Terminate le feste arrivano finalmente anche i risultati di mio suocero. Invalidità massima, ma dell’indennità di accompagnamento, anche nel suo caso, neanche a parlarne. Prendendo il coraggio a quattro mani imbastiamo un secondo ricorso. Nel frattempo il papà di mio marito, che era ricoverato da metà dicembre, viene a mancare. La pratica viene quindi modificata e firmata dagli eredi.

In questi giorni, sorvolando sulle peripezie relative alle due visite con i due distinti CTU designati dal tribunale, abbiamo la quasi certezza di aver vinto entrambi i ricorsi. Per mio suocero ne ero quasi sicura: con quale coraggio avrebbero potuto scrivere sui verbali che comunque non stava poi così male? Per la bimba invece è stato un salto nel vuoto. L’avvocato non era assolutamente sicura dell’esito, ma le ho spiegato che eravamo comunque decisi a provare in ogni caso.

E poi è capitata una cosa sorprendente. Un mese fa avevo chiesto infatti al centro di terapia una relazione scritta per avere un po’ di documentazione recente da consegnare al CTU. In queste settimane le terapiste ci hanno chiesto di portare la bimba per somministrarle alcuni test, oltre alle ore normali di terapia, senza però dirci di cosa si trattasse. L’ho scoperto leggendo il documento stesso. Il primo era il test di Griffith che misura il livello ed il profilo di sviluppo dei bimbi sino ai 6 anni. E no, la piccola, non è in linea con l’età anagrafica. Il secondo era l’ADOS che ho richiesto da almeno due anni sia alla neuropsichiatra ASL, che all’ospedale dove andiamo per i day hospital ed infine anche appunto al centro di terapia. Finalmente è stato messo nero su bianco che la monella ha un disturbo dello spettro autistico moderato. La dirigente medica ha firmato una relazione che contiene la parola autismo! Avevo capito che fosse quello e non altro già 3 anni fa dopo le valutazioni ASL di NPI e logopedista quando mi consigliarono di richiedere subito la legge 104, ma non comprendevo il motivo per il quale nessuno osasse pronunciare “autismo” al posto di “disturbo del neurosviluppo” che da parecchio ormai mi suonava come una presa per i fondelli!

Tempo trascorso dall’aver inviato gli aggravamenti al risultato finale (ma mancano ancora le sentenze ufficiali): un anno! La disabilità ti insegna diverse cose, ma quella principale è sicuramente la pazienza!