Come ti chiami?

“Come ti chiami?”, le chiede la maestra.

E la monella, ovviamente, muta.

Non pensavo di riuscire a portare a termine tutte le pratiche ed invece ho raccolto l’intera documentazione necessaria per l’iscrizione alla materna della piccola belva. Mi sono fatta consegnare il verbale temporaneo della 104 (anche lei con gravità come il raggio) subito dopo la visita collegiale in Asl, mi sono fatta spedire via mail il certificato delle vaccinazioni ed infine ho fatto fotocopiare codici fiscali e quant’altro dal cartolaio di fiducia. Pur avendo il posto praticamente assicurato, a causa della 104, ho partecipato a due open day in due asili diversi (uno statale ed uno comunale) ed ho effettuato l’iscrizione ad entrambi. Dovremo ovviamente rinunciare ad uno dei due, ma in cuor nostro, io e l’altra metà della mela, abbiamo già scelto l’asilo. Conseguentemente ieri siamo andati tutti nella scuola materna prescelta, che metteva a disposizione la struttura per conoscere i bimbi, farli socializzare e giocare.

Il raggio ha avuto un  momento di panico ed è dovuto uscire per alcuni minuti con il papà. Nonostante, negli anni, abbia sempre cercato di raccontare la sua infanzia e le difficoltà legate all’agenesia in maniera leggera e scanzonata, ora mi rendo conto di aver affrontato anni interi con ansia e paura. Dieci o undici anni fa, temevo il giudizio delle altre mamme, le prese in giro dei compagni. Ora invece le vivo giornalmente sulla pelle del ragazzino e mia. A gennaio, sono arrivata a mettere in atto quello che ritenevo il mio piano di emergenza: ho contattato un avvocato per i gravi problemi che il raggio ha avuto per le ore di sostegno (poche per la sua patologia e spesso utilizzate dalla dirigente per dirottare il professore a fare tutt’altro, col ragazzo sempre e comunque presente a scuola). Per non parlare delle note sul registro, una delle quali presa appunto dal professore che dovrebbe dargli una mano: ma grazie a questo ora ho una prova scritta che questa persona fa regolarmente supplenza anche con il ragazzino presente (ovviamente non è per nulla legale e corretto). Nessuno però si sogna di dare una raddrizzata ai piccoli bulli di 12 o 13 anni che fumano davanti ai compagni… Se ne vedessi uno offrire una sigaretta al raggio non risponderei delle mie azioni, altro che note… Meglio prendersela con chi è più fragile certo, lasciamo stare i piccoli boss per non far incazzare i genitori… Invece noi abbiamo la scorta di pazienza infinita, certo… Ma sto divagando. Torniamo alla monella in asilo.

Una delle maestre ha provato a chiedere alla piccola di casa diverse volte come si chiamasse, finché non le ho sussurrato a mezza bocca che non parla. Che è in fase di diagnosi ed è  seguita dalla Asl. Mi ha fatto quasi tenerezza quando ha tentato di spiegarmi i passi per richiederle il sostegno. Avrei voluto fare una foto alla sua espressione quando le ho risposto che è già tutto a posto. La monella ha giocato per circa un’oretta (pur non interagendo mai con le altre bimbe presenti), le insegnanti sembrano giovani e pazienti. La struttura è circondata dal verde della collina – un po’ come casa nostra – e dalle finestre si gode di una vista tranquilla. Le classi sono ordinate e piene di scatoloni di giocattoli (che la monella avrebbe gradito buttare ovunque, motivo per cui ad un certo punto siamo praticamente fuggiti) e la struttura è lontana quanto basta dalla strada principale dove scorre il traffico di auto, moto e bus.

Non è facile parlare agli estranei e raccontare di avere due figli con disabilità psichica. Ricordo ancora con chiarezza, due settimane fa, i due membri della commissione Asl che si davano di gomito leggendo il paragrafo in cui la neuropsichiatra ha scritto che la piccola ha già un fratello con problemi. Mi è anche toccato spiegare per la millesima volta cosa comporta l’agenesia. Ma un corso di aggiornamento per tutti i medici in servizio mai?

La mia leggera vena di follia e dabbenaggine mi fa percepire però un bizzarro senso di speranza per il futuro.

Ricordo quando, a proposito del raggio, la maggior parte dei medici mi disse che sarebbe stato un vegetale. Ed invece ora è un adolescente iper ciarliero ed un po’ incasinato ok, però non ha nulla in comune con i vegetali per fortuna! Tra l’altro oggi sono 13 anni precisi da quando la diagnosi di agenesia ci ha colpiti come un treno in corsa.

Oggi mi ritrovo a parlare con la monella ed  a cercare di carpire il suo sguardo per qualche secondo mentre gioco con lei, o la tengo in braccio o vicina. Le parlo e cerco di percepire cosa vuole farmi capire. Prima o poi forse anche lei risponderà alla domanda “Come ti chiami?”, chissà…

Aspettando il 2020

Mancano solo 2 giorni al 2020. Il 2019 non è stato esattamente spensierato. 3 persone a cui volevo bene sono volate via (prima un collega, poi la compagna di un carissimo amico di mio marito ed infine un mio ex capo che mi era molto caro), il papy del raggio e della monella ha avuto ed ha tuttora problemi circolatori, io sono sempre più incriccata dai dolori alle ossa ed infine c’è stata la diagnosi della piccolina di casa. Abbiamo trascorso la vigilia ed il 25 dicembre dividendoci, come gli altri anni, tra suoceri, cognati e mia mamma, ma poi nei giorni seguenti ci siamo concessi del tempo per riprenderci. Le feste hanno significato per noi dare due forchettate al cibo nei piatti e poi correre dietro alla monella mentre tentava di arrampicarsi sui mobili, si infilava sotto ai tavoli, correva da una stanza all’altra cercando di afferrare oggetti lasciati incustoditi e potenzialmente pericolosi… Il 26 abbiamo ovviamente dato forfait a tutti.

E’ arrivata la cartella clinica del parto della piccola, che ho sfogliato e letto pian piano, nella quale però non c’è apparentemente nulla di strano. A parte due omissioni secondo me importanti. Non c’è traccia degli oppiacei che mi hanno somministrato senza il mio consenso per farmi addormentare in sala operatoria e del fatto che la bimba fosse in una posizione un po’ particolare di traverso nel pancione (e che quindi non sarebbe mai potuta nascere col VBAC che il mio ginecologo invece sponsorizzava con grandissimo entusiasmo). Ora scannerizzerò il tutto per la neuropsichiatra infantile, saltando ovviamente le pagine bianche e quelle che si riferiscono alla tricotomia o al catetere (bleah!). Nei primi giorni di gennaio ho appuntamento con la neuropsichiatra del centro di terapia dove la monella partirà con delle sedute di psicomotricità (ed in seguito di logopedia) privata. E’ un costo rilevante per la nostra famiglia, ma se aspettassimo la terapia in convenzione, arriverebbe probabilmente in tempi biblici!

E passiamo alle novità che riguardano il raggio. Pochi giorni prima di Natale, nell’appuntamento per firmare il PEI, abbiamo scoperto un grosso pasticcio con le sue ore di sostegno. Quest’anno i professori (o dovrei dire il professore, considerando poi quello che è capitato successivamente) erano miracolosamente disponibili dopo qualche settimana dall’inizio delle lezioni. Ero tranquilla: la dirigente mi aveva assicurato, tramite mail PEC, che gli erano state assegnate 18 ore (il massimo possibile alle scuole medie) divise tra 12 in rapporto 1:1 e 6 in piccoli gruppi. Peccato che ad ottobre e novembre, il raggio mi raccontasse giornalmente di essere stato lasciato da solo a disegnare (con i professori di classe che lo pregavano di non DARE FASTIDIO alle lezioni e che erano super sollevati quando arrivava il sostegno a portarlo fuori aula) e di aver affrontato verifiche completamente da solo. A fine novembre ho scoperto per caso che aveva preso due note sul registro per non aver saputo rispondere alla prof. di ginnastica – pardon  – di motoria se avesse avuto il materiale nel quaderno (ovviamente sì). La signora professoressa non si è neanche degnata di andare a cercare l’operatrice socio educativa (che avrebbe dovuto essere col ragazzino anziché per i fatti suoi) o di chiamare noi genitori… Iniziando a provare la sgradevole sensazione di presa per il c…. fondelli invio due PEC nell’arco di 20 giorni alla preside chiedendo spiegazioni, ma dopo oltre un mese non ricevo alcuna risposta. E ci ritroviamo a questo punto al giorno della lettura (mai avvenuta) dei PEI dove, una professoressa che afferma di essere la coordinatrice di tutti i prof. di sostegno, tra una risatina in faccia a me ed a mio marito e sbuffando annoiata e piena di supponenza, dichiara con un candore quasi fanciullesco (se non fosse che è in malafede) che sicuramente ci sbagliamo e che il pargolo ha solo 12 ore di sostegno.

A quel punto mi è partito l’embolo. Ho ringraziato e salutato educatamente affermando che ci saremo rivisti per completare il documento del raggio, ed in pochi giorni ho scritto ed inviato un esposto all’ufficio scolastico regionale. Ho contattato un legale che, trascorse le feste, ci suggerirà come procedere. Voglio le 18 ore promesse per il raggio e voglio portare alla luce i casini che ha fatto la dirigente, specialmente in questi ultimi mesi. In passato avrei mediato, cercato di capire, avrei tentato la strada del dialogo, ma con una situazione nella quale più si è gentili e più si viene scambiati per imbecilli, non desidero più essere presa in giro. Anche perchè con due figli, anziché solo uno, non neurotipici non me lo posso più permettere. Non chiamatemi guerriera, sono solo una mamma che si è rotta le scatole.

Buon 2020 a tutti!

Niente affatto tipici: la diagnosi della monella

La monella ha un disturbo del neurosviluppo. Secondo me potrebbe anche rientrare nello spettro autistico. Ho l’impressione che la neuropsichiatra abbia fatto volutamente una diagnosi più leggera per non farci ottenere immediatamente per la bambina troppi aiuti economici e scolastici. Come diciamo qui a Genova: maniman

Scrivo la diagnosi di getto per abituarmi all’idea. Dopo i primi giorni, in cui mi sono sentita crollare il terreno sotto ai piedi, ho già inviato all’INPS la domanda per 104 e invalidità, ho scritto a diversi centri di terapia convenzionati (nei quali la piccola è stata messa in lista tramite Alisa) e ne ho scelto uno per iniziare le terapie in regime privato, ho chiesto alla neuropsichiatra infantile se può già redigere una bozza di relazione per la visita collegiale. Sto anche cercando di avere una copia della cartella clinica del parto.

A breve dovrò “dare la caccia” agli open day degli asili che ho già adocchiato da qualche tempo. Vorrei anche provare a contattare qualche centro Aba.

Mi sento sopraffatta ma sto comunque tentando di continuare a lavorare e vedrò se riuscirò a conciliare la mia attività di impiegata part time con le terapie di entrambi i pargoli.

Mi piacerebbe che la monella dicesse qualche parolina o una frase anche semplicissima. Non ho idea di quando parlerà, perché pronuncia ancora meno paroline di suo fratello alla sua stessa età.

Continuo a domandarmi cosa possa essere andato storto. Gli esami, almeno quelli in mio possesso (poi controllerò anche quelli sulla cartella clinica), sono giusti. Non ho avuto né una linea di febbre né un mal di gola. Mi sarò lavata le mani 20 volte al giorno e, quando mangiavo frutta o verdura la mettevo a bagno in Amuchina per i canonici 20 minuti. Pur avendo compiuto 41 anni tre giorni prima del parto, ho cercato di mantenermi attiva sino all’ultimo o quasi. Probabilmente una spiegazione c’è e sarà probabilmente genetica.

Mi aspettavo un mio crollo psicologico che per fortuna non c’è stato: probabilmente avendo già subito una prima diagnosi parecchio infausta ci sto facendo, diciamo così, il callo. Il confronto della piccola con il raggio, mi ha aiutata a capire che c’era qualcosa di strano: l’iperattività, la mancanza di gioco simbolico, la passione per i giochi con l’acqua, la completa inconsapevolezza dei pericoli, i tempi di attenzione scarsissimi ed il fatto di non avere un gioco strutturato con i giochini che dovrebbe usare in base alla sua età anagrafica…

Credo che il dolore che sento nel centro del petto per la disabilità di entrambi i miei figli non passerà mai e dovrò imparare a conviverci ed a perdonarmi, ma non mi pento assolutamente di averli avuti. La nostra strada sarà molto più complicata del previsto, ma proverò ad affrontare con forza le sfide dei prossimi anni. Mi sento ripagata di tutto quando, la sera arrivando a casa dopo un pomeriggio al lavoro, la piccola mi corre incontro e mi abbraccia o quando sfrega il naso contro il mio e tenta di darmi un bacino dolcissimo e goffissimo o infine quando gioca insieme al suo fratellone. Quando li vedo felici insieme per me va tutto bene ❤️